I giovani di “Milano per Giovanni Paolo II” incontrano Luigi Geninazzi

Il primo sentimento fu lo stupore. Chi c’era se lo ricorda ancora quel 16 Ottobre 1978. Alle 18.18 la tanto attesa fumata bianca annuncia l’elezione del nuovo Papa. Il successore di Albino Luciani, Giovanni Paolo I, il “Papa del sorriso”, scomparso dopo soli 33 giorni di pontificato.
I fedeli in piazza San Pietro assistono, ancora senza saperlo, all’irrompere nella storia della Chiesa e del mondo intero di un evento di carattere “epocale”. Così Luigi Geninazzi, giornalista di Avvenire e  inviato speciale che ha accompagnato il Santo Padre in molti viaggi apostolici, ricorda la nomina di Karol Wojtyla. Dopo quattrocento anni di Sommi Pontefici italiani, sale al soglio di Pietro un Papa “straniero” venuto dall’Est. Uno slavo, un polacco dal nome quasi impronunciabile. Perfino il Cardinale Pericle Felici, cui spettava dare l’annuncio pubblico dalla loggia centrale della Basilica Vaticana, dopo aver pronunciato come da tradizione la formula dell’elezione in latino, consultò il foglietto su cui si era fatto scrivere la dizione esatta. Un nome che sarebbe presto entrato nella testa e nel cuore di molti.

Giovanni Paolo II apparve al balcone alle 19.15, e, rompendo la tradizione che voleva che il papa rimanesse in silenzio, fece un breve discorso prima della benedizione Urbi et Orbi in cui pronunciò la famosa frase: «Se sbaglio, mi corrigerete».
Il timone della nave di Pietro era ora tra le mani di un uomo venuto da “un Paese molto lontano”, un Papa polacco che lottò contro il comunismo provenendo da un paese comunista: una coincidenza che si è rivelata provvidenziale per la Chiesa e per il mondo. Il popolo, in Polonia ma anche negli altri paesi del blocco sovietico, avvertì non soltanto la gioia, ma anche lo spirito di libertà della sua figura. Giovanni Paolo II portò con sé la fedeltà al Vangelo e il coraggio della fede nella verità. Con le parole “Non abbiate paura, anzi spalancate le porte a Cristo” diede il via a cambiamenti epocali in Polonia e in tutta Europa, donando ai popoli la forza spirituale e morale per passare dalla resistenza all’ingiustizia.

Difficile non rimanere affascinati dai ricordi di chi, senza saperlo, si trovò a vivere a contatto con un Santo. Come dal racconto della visita alla cappella privata del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, con una guida d’eccezione: il Santo Padre.
“È stata Sua Santità a volere questi affreschi?”, domanda con spontaneità Geninazzi, mentre Giovanni Paolo II cammina al suo fianco tra i dipinti che illustrano due avvenimenti fondamentali della storia polacca: la resistenza del santuario della Madonna Nera di Częstochowa contro gli svedesi nel 1665 e la vittoria dei polacchi sull’Armata Rossa nel 1920, noto come “il miracolo della Vistola”.
“Negli occhi di Papa Wojtyła scorgo un lampo di benevolo rimprovero”, continua Geninazzi. “No, non è una mia iniziativa! Fu Pio XI che era stato Nunzio a Varsavia a ordinare questi affreschi. Per me, divenuto Papa, è stato un regalo inaspettato”, risponde il Pontefice, togliendolo dall’imbarazzo, proseguendo la spiegazione in chiave autobiografica. “Sono nato nel 1920, nel mese di maggio, quando i bolscevichi accerchiavano Varsavia. Per questo, fin dalla nascita, mi sento particolarmente debitore verso coloro che lottarono per la libertà ottenendo una vittoria insperata. Posso dire che la mia vita ha avuto inizio nel segno del miracolo della Vistola”. Il Papa lo fa partecipe delle sue radici dalle quali ha preso slancio e vigore un pontificato davvero universale, in costante movimento fino agli estremi confini del mondo. Condannando con forza quel grido entusiasta che lo accoglie ad Assisi nell’ottobre del 1978: “Viva la Chiesa del silenzio!”. Una Chiesa che non c’è più, e che ora parla per bocca del Papa. Una vera rivoluzione ch
e prepara quella del 1989. E che era stata anticipata nel 1979 in patria, con la celebre frase: “L’esclusione di Cristo dalla storia dell’uomo è un atto contro l’uomo”.

Giovanni Paolo II riporta, senza vergogna, Cristo nella storia della Chiesa. Richiamando tutti noi a essere testimoni credibili della Sua Parola. “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua Croce ogni giorno e mi segua”, dice l’apostolo Luca (9,23). Un programma di vita stupendo, che esige però generosità. Come disse Giovanni Paolo II ai giovani a Buenos Aires, nel 1987: “Considerate quindi come deve essere la vostra vita, perché se Cristo ci ha redenti morendo sulla croce, non sarebbe coerente la vostra risposta di una vita mediocre. Tutto ciò richiede sforzo, sacrificio, tenacia; sentire il peso della croce che grava sulle nostre spalle quotidianamente. Vi chiedo quindi, nel nome del Signore, di rinnovare oggi la fedeltà a Cristo che fa della vostra terra il continente della speranza”.

S.M.