Le riflessioni di Delpini durante il nostro pellegrinaggio 2020

In cammino verso il monte con San Giovanni Paolo II

Milano per Giovanni Paolo II – pellegrinaggio al Sacro Monte di Varese 6 giugno 2020 – nel tempo dell’epidemia

Anche quest’anno abbiamo avuto la grazia di poter trascorrere una giornata di preghiera, riflessione e amicizia in compagnia del nostro Arcivescovo. Durante la salita al Sacro Monte, mons. Delpini ci ha guidati nella recita del rosario, intervallata da alcuni spunti di riflessione Sono quattro brani di Giovanni Paolo II, san Carlo Borromeo e dello stesso Delpini che riportiamo nel seguito.

1. Montagna, scuola di vita
(Giovanni Paolo II, Angelus, 11 luglio 1999, a Combes, Val d’Aosta)

Ogni volta che ho la possibilità di recarmi in montagna e di contemplare questi paesaggi, ringrazio Dio per la maestosa bellezza del creato. Lo ringrazio per la sua stessa Bellezza, di cui il cosmo è come un riflesso, capace di affascinare gli uomini e attirarli alla grandezza del Creatore.

La montagna, in particolare, non solo costituisce un magnifico scenario da contemplare, ma quasi una scuola di vita. In essa si impara a faticare per raggiungere un a meta, ad aiutarsi a vicenda nei momenti di difficoltà, a gustare insieme il silenzio, a riconoscere la propria piccolezza in un ambiente maestoso…

Tutto questo invita a riflettere sul ruolo dell’uomo nel cosmo. Chiamato a coltivare e custodire il giardino del mondo (Gen 2, 15), l’essere umano ha una specifica responsabilità sull’ambiente di vita, in rapporto non solo al presente, ma anche alle generazioni future. La grande sfida ecologica trova nella Bibbia una luminosa e forte fondazione spirituale ed etica, per una soluzione rispettosa del grande bene della vita, di ogni vita.

Possa l’umanità del Duemila riconciliarsi con il creato e trovare le vie di uno sviluppo armonico e responsabile. O Maria che risplendi di singolare bellezza, aiutaci ad apprezzare e rispettare il creato. … Aiutaci a fare della nostra esistenza un’ascensione verso Dio e a seguire sempre Gesù Cristo, tuo Figlio, che ci guida alla meta, dove , nella nuova creazione, godremo la pienezza della vita e della pace.

2. Preghiera a Maria del santo padre Giovanni Paolo II davanti all’immagine della Madonna Nera
(Santuario del Sacro Monte di Varese – 2 novembre 1984 – durante la visita pastorale in Lombardia e Piemonte)

Sono lieto di questo incontro riservato a voi parrocchiani, che vivete all’ombra di questo celebre santuario di Santa Maria del Monte. Carissimi, sappiate che il Papa è vicino alle vostre gioie e ai vostri dolori, alle vostre attese e alle vostre speranze. Esprimo l’auspicio che la mia venuta tra voi sia stimolo per un  rinnovato proposito di condurre una vita cristiana sempre più rispondente alle esigenze del Vangelo e sempre più contrassegnata da una particolare devozione alla Vergine santissima, da voi venerata in  questo mirabile santuario, posto in vetta a questa montagna diventata sacra, perché sui suoi arditi fianchi furono erette, nel corso del Seicento, le cappelle a voi tanto care, per esprimevi i misteri del Rosario. […]

Mi è gradito soffermarmi qui un poco insieme con voi: Paolo VI ebbe a cuore questo santuario che considerò privilegiato punto di riferimento della pietà mariana delle popolazioni della zona. E’ noto infatti che egli stesso ben dodici volte si fece pellegrino in  questo santuario per esprimere alla santissima Vergine il suo amore filiale. Con gli stessi fervidi accenti di pietà mariana sgorgati dal cuore di Paolo VI, vogliamo ora elevare alla Madonna, la cui immagine sovrasta questo altare, una preghiera di lode e di implorazione:

“O Maria, piena di grazia, immacolata, sempre vergine Madre del Cristo, Madre di Dio e nostra, assunta in cielo, regina beata, modello della Chiesa e nostra speranza, ti preghiamo: facci comprendere, desiderare, possedere in tranquillità la purezza dell’anima e del corpo.

Insegnaci il raccoglimento, l’interiorità; dacci la disposizione ad ascoltare le buone ispirazioni e la parola di Dio; insegnaci la necessità della meditazione, della vita interiore personale, della preghiera che Dio solo vede nel segreto.

Maria, insegna a noi l’amore. L’amore chiediamo, Maria, l’amore a Cristo, l’amore unico, l’amore sommo, l’amore totale, l’amore dono, l’amore sacrificio per i fratelli. Aiutaci ad amare così.

Ottieni a noi o Maria, la fede, la fede soprannaturale, la fede semplice, piena e forte, la fede sincera, attinta alla sua foce verace, la parola di Dio, e al suo canale indefettibile, il magistero istituito e garantito da Cristo, la fede viva! O tu, “Beata che hai creduto”, confortaci con il tuo esempio, ottienici questo carisma.

E poi, o Maria, chiediamo al tuo esempio e alla tua intercessione la speranza. Speranza nostra salve! Anche di speranza abbiamo bisogno, e quanta! Tu sei, Maria, immagine e inizio della Chiesa; risplendi ora innanzi al popolo di Dio quale segno di certa speranza e di consolazione, o Maria, Madre della Chiesa”.

3. Lo stile dell’amicizia
(Mario Delpini, Messa nella memoria di S. Giovanni Paolo II, 23 ottobre 2017)

La seconda parola è l’amicizia. L’amicizia è quel legame di affetto ricambiato, di condivisione di esperienze, di pensieri, parole, di tempo e di sogni che rende piacevole incontrarsi e stare insieme. Karol Woitila ha vissuto intensamente amicizie che si sono consolidate nella giovinezza e che sono state il balsamo di tutta la vita.

L’amicizia giovanile può essere una grazia impagabile, se diventa la passione condivisa per una missione, per un sogno, per una vita donata. “ Il pensiero che aderisce alla verità abita nelle dimore dell’amicizia” (S. Gryegel): la verità questa parola che oggi sembra proibita è la più appassionata scoperta, è la risposta più luminosa all’inquietudine, è quel percorso che incoraggia a cercare ancora, senza però l’affanno di perdersi e sempre abitati dallo stupore. La verità non è un a frase scritta in un libro, non è la soluzione di un  problema complicato, ma è Colui che era, che è e che viene. E i giovani amici sono quelli che si appassionano  alla discussione, che si entusiasmano delle scoperte, che tutto sottopongono a critica e tutto raccolgono con gratitudine. La verità che cerchiamo insieme, questa è il dono dell’essere amici.

Il futuro del mondo si nutre del gusto del bene condiviso tra gli amici. Questi gruppi di amici che, tra le macerie dell’Europa degli anni ’40 di chiedevano che Chiesa pensavano di costruire, che società pensavano di configurare, possono forse chiamare anche noi, anche coloro che oggi sono giovani a domandarsi: tra  le rovine di una società esausta, di una globalizzazione dei mercati, di una Europa degli affari e delle paure, che Chiesa sogniamo?

O Signore fa’ che tutti possano comprendere che l’amicizia è sacramento perché tu sei nostro Amico. Fa’ che tutti possano conoscere la gioia dell’amicizia con te, in modo che possano essere amici di tutti gli uomini e di tutte le donne in cammino sulle strade del mondo e della vita. Amen
(Giovanni Paolo II)

4. Un desiderio di sapienza: conosci, o Milano
(Carlo Borromeo, Memoriale ai milanesi di Carlo Borromeo, Giordano Editore, Milano 1965)

Conosci, o Milano e riconosci la grazia, che da sua divina Maestà è stata concessa a te e alla tua Diocese. Conosci: questa è la parola… Conosci dunque, o Milano, il beneficio che hai ricevuto. Conosci da chi l’hai ricevuto. Conosci te stesso, a chi è fatto. Conosci finalmente le cause, per le quali ti è fatto. Non con spirito di mondo, ma con spirito che sia da Dio. Conosci, Milano, quello che Dio ti ha donato; imperocché l’uomo animale, dice l’Apostolo, non intende le cose di Dio, né altro spirito l’intende, che quello che è da Dio. A questa cognizione tutta ti è grandemente necessario aprire gli occhi. (pag.7)

O città di Milano, la tua grandezza s’alzava fino ai Cieli, le ricchezze tue si estendevano sino ai confini dell’universo mondo, gli uomini, gli animali, gli uccelli vivevano e si nutrivano della tua abbondanza; concorrevano qui da ogni parte persone basse a sustentarsi nei sudor suoi sotto l’ombra tua; convenivano nobili e illustri ad abitar nelle tue case, a goder delle tue commodità e  a far nido e stanza nei tuoi siti.

Ecco in un tratto dal Cielo che vien la pestilenza, che è la mano di Dio, e in un tratto fu abbassata a tuo dispetto la tua superbia; sei fatta in un subito dispregio ne gli occhi del mondo; sei ristretta dentro de i tuoi muri, son rinchiuse ne i tuoi confini le tue mercanzie, le tue abbondanze, i tuoi traffichi; non era più chi venisse ad abitar teco, a nutrirsi de i tuoi frutti, a provvedersi nei bisogni delle tue mercanzie, a vestirsi de i tuoi panni, a riposar ne i tuoi letti, a godere delle tue commodità, né meno a ornarsi de le tue invenzioni di nove fogge, né a pigliar da te il modo di nove pompe. Fuggivano i grandi, fuggivano i bassi, ti abbandonarono allora tanti, e nobili, e plebei. ( p. 13)

Su quello che è successo durante i giorni in cui molte attività si sono arrestate e si è avuto l’impressione che la vita fosse sospesa si è detto, scritto, discusso molto. Una specie di alluvione di parole ci ha invaso da ogni parte e per aiutarci a capire ci hanno messo in confusione, per offrirci punti di vista molti si sono messi a gridare, ad accusare, a gettare discredito gli uni sugli altri. Una alluvione di parole amare che hanno amareggiato la vita. In modo più discreto e pensoso molti hanno pregato, ascoltato la parola di Dio, scambiato pensieri in un contesto fraterno, fatto eco alle parole dei pastori.

L’esercizio di interpretazione e discernimento al quale accennavo è la ricerca di una lettura delle vicende e della situazione che sia cristiana, ispirata cioè allo spirito di Dio, facendo emergere il pensiero di Cristo. Siamo quindi chiamati a un esercizio del pensiero che sia insieme esercizio di preghiera, esercizio di carità fraterna, esercizio di profezia, esercizio di ascolto e di dialogo. Se da tali esercizi deve venire qualche frutto è necessario che gli incontri siano sapientemente preparati e condotti con competenza. Non è tempo infatti di banalità e di luoghi comuni, non possiamo accontentarci di citazioni e di prescrizioni.