21.10.2020 – l’omelia di Delpini nella memoria di S. Giovanni Paolo II
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Dalle emozioni alla vocazione

Omelia di S. Ecc. Mons. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano
21 ottobre 2020 – Milano, Basilica di Sant’Ambrogio

1. Prendi il largo

“Prendete il largo”. È impossibile per noi ascoltare queste parole di Gesù e non vedere la figura di Giovanni Paolo II che guarda lontano e spinge al largo, verso il nuovo millennio la Chiesa. La parola con cui Giovanni Paolo II ha segnato il passaggio del millennio, il testo e le immagini del grande giubileo, gli eventi di quell’anno e il documento Novo Millennio Ineunte suscitano in noi l’intensa emozione della profezia. Il vecchio Papa parla come un profeta e muove dentro di noi quel groviglio confuso di paure e di speranze, di immaginazione e di ragionamento, e dipana questo groviglio aprendolo alla speranza, al coraggio, infondendo slancio e fiducia. Dà l’impressione commossa di un nuovo inizio e di una promessa di pesca miracolosa che riempie di significato e di gioia anche la fatica inutile della notte.

L’emozione della profezia: che cosa ne sarà?

2. Parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo

Non possiamo celebrare la memoria di san Giovanni Paolo II senza risentire l’emozione dell’incontro con un Maestro. Con uno straordinario Maestro che si è fatto testimone e ha insegnato questa sapienza di cui parla la lettera ai Corinzi: Parliamo sì di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo. Abbiamo un maestro! Siamo impressionati per la mole dei suoi scritti. Forse non sempre siamo attrezzati per riuscire a seguirlo nella profondità del suo magistero. Siamo ammirati per la fermezza con cui ha proclamato la dottrina cristiana, ha dialogato e ha sfidato la sapienza contemporanea, entrando nel dibattito con una sua specifica competenza di filosofo, di poeta, di insegnante. Siamo impressionati, restiamo stupiti per quel senso di leggerezza con cui ha anche sopportato l’impopolarità di alcune verità scomode alle orecchie del pensiero contemporaneo. Abbiamo un maestro. Uno che sa. Uno che non ha paura di parlare.

L’emozione del magistero: che cosa ne sarà?

3. Com’era glorioso …!

La figura di Giovanni Paolo II regala ancora oggi un brivido di esultanza e di emozione quando si rivedono e si ripensano le folle innumerevoli di giovani entusiasti che lo salutavano e lo acclamavano nelle grandi convocazioni, e poi, improvviso, il silenzio di una folla innumerevole che ascoltava, che riconosceva nel papa un punto di riferimento, uno che meritava d’essere ascoltato. Giovanni Paolo il Grande, come è stato detto! Intorno a lui un affetto, un desiderio di essere presente, un’emozione collettiva di intensità inedite. La prima lettura descrive il sommo sacerdote che compie il suo rito, e attorno i figli di Israele pieni di esultanza: “Allora i figli di Aronne alzavano la voce, suonavano le trombe di metallo lavorato e facevano udire un suono potente come memoriale davanti all’Altissimo. Allora tutto il popolo insieme … e i cantori intonavano canti di lode e grandioso risuonava il canto e pieno di dolcezza” (Sir 50,16.17.18).
Ecco, era capace di guidare le folle, di radunare i giovani di un intero continente. La grandiosità delle sue convocazioni: non fatte per esibire, ma per intensificare il legame con i giovani del tempo.

L’emozione degli eventi grandiosi: che cosa ne verrà?

4. Il Papa malato, il vigore stremato, la voce soffocata

Insieme con il grandioso, Giovanni Paolo II non si può ricordare senza un’intensa emozione di pena e di affetto per la malattia che ne ha stroncato il vigore, che ne ha soffocato la voce, ma che non è riuscita a intaccare l’ardore. La sua testimonianza nei limiti imposti dalla malattia ha suscitato in tutti una intensa emozione: per anni l’abbiamo accompagnato, con l’ammirazione, la pena, l’indicibile straziata tenerezza intorno al Papa malato.

L’emozione della tenerezza affettuosa e impotente: che cosa ne sarà?

5. Dall’emozione la vocazione

Mi pare che questa sera per raggiungerci, per interrogarci, per scuotere il clima di soffocante grigiore e di confusa incertezza in cui noi ci troviamo, Giovanni Paolo II ancora una volta percorre la via delle emozioni, tocca quella parte di noi che sta più in profondità delle parole logore, dei rapporti superficiali, della frenesia degli adempimenti. Così Giovanni Paolo II resta vivo in mezzo a noi: ci raggiunge con le emozioni.

Dell’emozione si può dire ogni male: è superficiale, provvisoria, irrazionale, sottratta al pensiero, mutevole, incontrollabile. Eppure si rivela una via che il Signore percorre con le sue parole, con la sua vita e con la testimonianza dei suoi santi, come San Giovanni Paolo II. È la via che consente alla testimonianza di diventare una provocazione, di diventare una domanda. L’emozione è quel mettersi in cammino di un’intimità, quando è chiamata dalla storia, che diventa non un fatto, ma un messaggio che mi tocca, non un dato di cronaca, ma un segno e una parola che penetrano dentro. Così è l’emozione: chiama, sfida, commuove, perciò scuote dall’indifferenza, dall’estraneità e coinvolge. Certo, può durare un momento. Però può essere anche l’avvio di un cammino.

Che cosa sarà delle emozioni suscitate in noi dalla profezia, dal magistero affascinante, dall’emozione degli eventi gloriosi, dall’emozione del penoso soffrire di san Giovanni Paolo II?
Questa celebrazione ci può rendere destinatari della grazia che mette a frutto le emozioni perché siano una parola che chiama, perché si rivelino parola che chiama, cioè ci dispongano alla risposta alla vocazione.
Il frutto buono delle emozioni è quando diventano vocazione: la fede che si riconosce destinataria di una chiamata, la stima di sé che si riconosce libera, fiera di poter accogliere l’invito, la determinazione che si riconosce nelle condizioni per dare una risposta definitiva e affidabile.
Nella gloria e nella pena, nella buona e nella cattiva sorte, nell’impegno presente e nello sguardo al tempo che viene, in memoria di San Giovanni Paolo II viviamo così: come gente piena di stupore, come gente commossa in profondità, che accoglie l’invito: “Prendete il largo”.